Stanza di Mercurio e Argo

Stanza di Mercurio e Argo

Sulle pareti di questa stanza si riconoscono i protagonisti del mito di Mercurio e Argo, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio.

La narrazione della vicenda incomincia dalla scena raffigurata nella parete est, dove si scorgono due protagonisti della vicenda, il dio Giove e la moglie Giunone.

Giove, colto da Giunone nell’atto di sedurre la ninfa Io, tentò di celare la sua infedeltà avvolgendo la Terra in una coltre di nubi, ma la dea ordinò a queste di dissolversi. Il dio allora, nel tentativo di proteggere la fanciulla, la trasformò in una giovenca bianca. Avendo intuito l’inganno, Giunone chiese la giovenca in regalo a Giove che, non potendosi rifiutare, assecondò la sua volontà: fu così che la dea ottenne ciò che desiderava.

L’affresco raffigura proprio il momento in cui Giunone convince Zeus a farle dono dell’animale; a ridosso della lacuna pittorica, infatti, si può ancora scorgere la testa della giovenca bianca.

La custodia di Io fu affidata ad Argo, il guardiano dai cento occhi. Il dio dell’Olimpo incaricò quindi il figlio Mercurio di salvare la ninfa; questi, trasformatosi in pastore, iniziò a suonare la siringa per addormentare il guardiano, che una volta chiusi gli occhi venne brutalmente assassinato.

L’affresco rappresenta Mercurio che addormenta Argo suonando la siringa, mentre al loro fianco la ninfa-giovenca bianca attende accovacciata. Il messaggero degli dèi è riconoscibile soltanto grazie al suo elmo, il petasos. Alle loro spalle il paesaggio è abitato da casupole e da una sorta di castello di chiara derivazione nordica.

Il mito narra che dopo aver trovato il corpo senza vita del guardiano, Giunone prese gli occhi di Argo e li applicò alla coda del pavone, animale a lei sacro. Infine la dea acconsentì a liberare Io dalla pena: ripreso il suo normale aspetto, ella si recò sulle sponde del fiume Nilo, dando alla luce Epafo, figlio di Giove.

Non sappiamo ancora se un tempo l’affresco che si trova sulla parete nord poteva raffigurare la fase conclusiva del racconto, ma notiamo la curiosa presenza di un tralcio di vite nell’angolo in basso a sinistra.

Nella finta porta dipinta sulla parete sud si affaccia un servitore moro che offre agli spettatori una brocca dorata: il tema dell’inganno ottico (o trompe-l’oeil) attraversa tutta la Storia dell’arte a partire dal mondo greco-romano.

Interessante è anche la finta intelaiatura architettonica che scandisce i riquadri figurati; le figure dorate che reggono idealmente il cornicione sono dette Telamoni (figure maschili) e Cariatidi (figure femminili). Nel mondo classico, queste venivano impiegate come sostegno strutturale o decorative in sostituzione di colonne o lesene: la loro presenza nella decorazione delle ville riconduce ai concetti di forza e possenza del mondo antico. (Barbara Maria Savy, Sara Danese)

Crediti fotografici immagini villa

© Comune di Abano Terme e Università degli Studi di Padova, Dipartimento dei Beni Culturali: archeologia, storia dell’arte, del cinema e della musica (foto Michele Barollo e Simone Citon)