Stanza di Apollo e Dafne

Il mito al quale la sala è intitolata è uno dei più noti della tradizione degli antichi, trasmessa da Ovidio nelle Metamorfosi.

Il momento più celebre della vicenda è raffigurato in una delle pareti della stanza: dopo aver deriso le abilità del piccolo Cupido nel tiro con l’arco, Apollo cadde vittima della sua vendetta. Il dio dell’Amore lo colpì con una freccia d’oro suscitando in lui un irresistibile desiderio verso la ninfa Dafne, la quale fu trafitta invece da un’altra freccia dalla punta di piombo, che aveva il potere di suscitare il rifiuto. Non appena Apollo vide la fanciulla, figlia del dio-fiume Peneo, se ne innamorò perdutamente.

Dafne iniziò a fuggire, inseguita dal dio delle Arti che cercava tanto disperatamente di persuaderla a fermarsi, elencandole tutti i suoi poteri. La bella ninfa, sfinita, giunse finalmente al fiume Peneo e qui invocò l’aiuto del padre: fu esaudita e, prima di essere raggiunta venne trasformata in un albero d’alloro.  Apollo, rammaricato, elesse l’alloro come pianta a lui sacra e con questa ornò la sua chioma, la cetra e la faretra. Poeti, vincitori e condottieri, da quel giorno, vengono incoronati con foglie d’alloro.

L’anonimo artista è con tutta evidenza il medesimo che affresca la sala di Mercurio ed Argo e attinge, anche in questo caso, da un repertorio di soggetti mitologici derivati da stampe e illustrazioni librarie, inseriti entro ampie ambientazioni di paesaggio.

Sulla parete opposta si può osservare un paesaggio bucolico abitato da rovine classiche, entro il quale scorre un fiume, attraversato da un ponticello. Un pescatore seduto a riva sembra osservare i monti e il villaggio visibili in lontananza mentre, in primo piano, un suonatore di cetra intercetta lo sguardo degli ospiti.

L’ignoto artista ha qui ripreso puntualmente il paesaggio da una pregevole acquaforte databile intorno al 1550-1560 del pittore veronese Battista del Moro, raffigurante un Riposo durante la fuga in Egitto.

Nella finta porta dipinta sulla parete sud si affaccia una vecchia servitrice: si tratta di un motivo presente nella decorazione di villa già in età romana e ricorrente nella tradizione successiva, secondo un gusto di vero e proprio trompe-l’oeil. Un celebre esempio cinquecentesco si trova negli affreschi di Paolo Veronese in Villa Barbaro a Maser (TV).

La finta architettura della stanza è cadenzata da una serie di colonne binate di ordine ionico, entro le quali sono idealmente appesi festoni colmi di frutta (mele, pere, uva e melagrane) e fiori, intervallati da fiocchi, giocati sui toni del rosa che ben si accompagnano alla luce crepuscolare delle scene raffigurate. L’architrave presenta un fregio decorativo dipinto, dove dei mascheroni affiancano cammei istoriati con figure mitologiche di divinità protettrici delle arti. (Barbara Maria Savy, Sara Danese)

Crediti fotografici immagini villa

© Comune di Abano Terme e Università degli Studi di Padova, Dipartimento dei Beni Culturali: archeologia, storia dell’arte, del cinema e della musica (foto Michele Barollo e Simone Citon)