Gli affreschi della sala mettono in scena un altro mito ispirato alle Metamorfosi di Ovidio, quello che ha per protagonisti Cefalo e Procri, il cui amore, per interferenza della dea Aurora, fu turbato da tradimenti reciproci.
Nel primo riquadro Cefalo rifiuta le lusinghe della dea Aurora, la quale, indispettita, insinua dubbi sulla fedeltà della moglie Procri e lo spinge a metterla alla prova.
Nel secondo riquadro il giovane Cefalo, con l’aiuto di Aurora, si presenta a Procri sotto le spoglie di un ricco uomo barbuto offrendole un forziere colmo di tesori. Procri, che non seppe resistere alla tentazione, cadde nel tranello ordito dalla dea.
La giovane donna riuscì a farsi perdonare il tradimento dall’amato che nel frattempo, amareggiato e deluso, aveva accettato l’offerta d’amore di Aurora. Come segno di pace, Procri gli fece dono di un cane di nome Lelape e di un giavellotto dalla punta dorata, tanto preciso quanto mortale.
L’epilogo mostra la disperazione del giovane nel momento in cui scopre di aver accidentalmente ucciso la moglie che, per gelosia, lo aveva seguito di nascosto durante una battuta di caccia.
Procri, infatti, sentendolo chiamare “l’aura”, ovvero la brezza, credette che stesse invocando Aurora, ed emise un gemito. Il rumore fu avvertito da Cefalo, che, scambiandola per una preda, scagliò il giavellotto, colpendo così la sua sposa. Resosi conto dell’accaduto, si gettò infine disperato verso di lei, trafitta dal suo stesso dono.
Di grande interesse sono le due figure allegoriche femminili, ospitate tra le doppie colonne della finta decorazione. Un confronto diretto tra gli affreschi e le stampe realizzate nel 1605 dall’incisore toscano Raffaello Schiaminossi restituisce due figure pressoché sovrapponibili, si tratta dell’allegoria della Vigilanza e della Sapienza.
Un altro importante elemento della decorazione, seppur compromesso dal cattivo stato conservativo, è costituito dal riquadro raffigurante l’iconografia dell’Ecce Homo, situato sulla sovrapporta che dava accesso al portico esterno della villa; il tema del Cristo esposto alla folla è presente anche in altri celebri contesti, quale ad esempio la palladiana villa Emo a Fanzolo di Vedelago, dove Giambattista Zelotti creò un intrigante nesso con il ciclo pagano presente in sala. Lo stesso accade appunto nella stanza di Cefalo e Procri, a simboleggiare un esempio di virtù in antitesi al vizio o all’errore degli antichi, ma anche quale dichiarazione dei contenuti cristiani prefigurati in forma allegorica dal mito classico. (Barbara Maria Savy, Sara Danese)
Crediti fotografici immagini villa
© Comune di Abano Terme e Università degli Studi di Padova, Dipartimento dei Beni Culturali: archeologia, storia dell’arte, del cinema e della musica (foto Michele Barollo e Simone Citon)