16 ottobre 2022 – 08 gennaio 2023
Abano Terme, Museo Villa Bassi Rathgeb
Ancora Sironi, in un’esposizione dal chiaro intento antologico, che ripercorre la sua lunga, per alcuni controversa carriera artistica. Dal piccolo olio, datato 1900 alle opere di una maturità dolorosa, che si riverbera in un segno franto, ma altrettanto fascinoso. Eppure, c’è molto di più in questa mostra, un’esigenza documentaria di chiarezza, la volontà di un’analisi circonstanziata e, per quanto possibile, oggettiva. Una sorta d’inventario d’anima, attraverso le opere dei grandi collezionisti italiani che hanno amato, di Sironi, l’innovazione poderosa (nel formato domestico, così come nelle opere pubbliche), ma anche il silenzioso, conscio volume, che rende l’artista così lontano, nei risultati, dal guizzo futurista delle origini, così sordo persino ai richiami della propaganda fascista, di cui viene ritenuto spesso l’alfiere.
Anche l’adesione assoluta al fascismo si rivela, nella resa artistica, un parziale fraintendimento: a Sironi interessa realizzare un’arte sociale, un’arte che tutti possano comprendere ed apprezzare come segno di un’Italia che si fa valere, che recupera una sua credibilità. Non per nulla l’amico Arturo Martini, nel 1944, sostiene che Sironi «credeva di essere fascista, ma invece era di animo bolscevico e quasi abissale». Attraverso gli esempi offerti al pubblico di una personalità multiforme, ma sempre coerente, la mostra di Abano ci accompagna nella storia di un impeto sentimentale e sociale che ritiene di trovare una struttura, aderendo all’ideologia. Invece, nei dipinti così come nei cartoni preparatori per la decorazione murale Venezia, l’Italia e gli Studi che Sironi realizza per l’Aula Magna di Ca’ Foscari tra il 1935 e il 1936, nelle città deserte di una solitudine solida e disperata (che mal s’attagliano al mito dell’Italia di regime), così come nelle composizioni del dopoguerra ciò che emerge – ineludibile – è il lirismo di Sironi.
Una poesia disperata che i gerarchi non potevano apprezzare fino in fondo, ma che rappresenta ancora bene il nostro presente. Una linea sottile che, dal Laurana giunge ad Arturo Martini e a Sironi: nelle sue donne massicce ed estatiche che sanno d’Etruria, più plastiche che descritte; nelle atmosfere sospese che traghettano il Novecento di Sarfatti agli estremi risultati del realismo magico guidiano, soprattutto; nella scelta di un idioma estremo, a blocchi sintattico – formali, che ricorda Licata.
L’intenzione lirica, come di chi ha attraversato l’inferno e visto crollare ogni ideale, è tutta nell’opera Due Figure (1955) che i curatori della mostra hanno scelto come immagine guida: un olio su tela dell’ultimo periodo dell’artista, infine libero di esprimere lontananze.
In copertina: Mario Sironi, Donna che si pettina, 1930 circa, collezione privata © SIAE 2022
Mostra a cura di
Chiara Marangoni, Alan Serri
Promossa e prodotta da
CoopCulture
In collaborazione con
Comune di Abano Terme
Con il patrocinio
Università Ca’ Foscari Venezia
Ufficio stampa e comunicazione
Artemide